


La storia del Castello, sospesa ed affascinante, contiene le origini di Pescasseroli. Nel forte (castella) si rifugiarono da valle i presunti insediamenti del villaggio (vicus) italico-romano. Sorge attorno ai 1.300 metri di altitudine, non sulla vetta bensì a mezza costa, per mettersi a riparo dalle scorribande delle popolazioni barbariche che depredavano tutto.

Altri feudatari lo ricostruirono, fino ai D’Avalos, che lasciarono l’impronta architettonica aragonese e le torri a scarpa per difesa militare. Di pianta geometrica irregolare, appare un poligono incerto, con porta d’ingresso a ovest. Emidio Agostinone, giornalista e fotografo di inizio ‘900, lo analizzò individuando tre ordini di mura. Lungo il perimetro esterno, un mastio, varie torri e numerose feritoie o saettere (aperture strette verso l’esterno per proteggersi).

Questo castello ha ispirato studiosi e artisti. Giuseppe Maria Alfano nel 1798 scrisse di Pescasseroli: «Terra circondata da monti. Vi veggono le vestigia di un antico paese chiamato castello, ora distrutto». Uno struggente Francesco Saverio Sipari ne narrò le rovine in una poesia del 1846. Parte delle ricostruzioni storiche sul castello si deve anche al lavoro del prof. Gianluca Tarquinio, pescasserolese.